Oggi però, anche “la Monte Napoleone ticinese” risente della crisi globale e, forse, di qualche problema un po’ più specifico… Quale? Lo abbiamo chiesto a sei donne che lavorano direttamente in via Nassa o che sviluppano qui parte della loro attività e abbiamo scoperto che, se pur con una visione che in fondo ha dei punti di contatto, le prospettive e le proposte di soluzione possono essere anche molto diverse.

Hanno partecipato all’inchiesta:

  • Nadia Belotti, di Belotti OtticaUdito
  • Antonietta Castelnuovo, boutique manager della Boutique Tourbillon
  • Silvia Cerolini, branch manager Orologeria Gioielleria Les Ambassadeurs
  • Marina Righenzi, titolare della Boutique Nassa Donna
  • Lidia Zaza-Sciolli, art advisor
  • Ariella Del Rocino, consulente fashion

Come vanno ora le vendite in via Nassa?

N.B.: «Nonostante il momento complicato, Belotti OtticaUdito sta andando bene, soprattutto a Lugano e in particolare in Via Nassa 19. Ma questo è stato possibile perché la vendita da noi viene intesa come volontà di far vivere al cliente un’esperienza unica e memorabile: negli anni abbiamo sviluppato un percorso proteso al coinvolgimento dei cinque sensi, offrendo al cliente qualcosa di unico. Perché, in un mondo in cui oggi c’è di tutto, e lo si può avere con facilità e con i costi che si vogliono, bisogna inventarsi qualcosa di diverso».

A.C.: «Il nostro negozio è in via Nassa da 30 anni. Probabilmente dobbiamo a questo il fatto che oggi le vendite, anche se molto cambiate rispetto al passato, continuano a darci soddisfazioni: i nostri sono clienti fidelizzati, soprattutto svizzeri e italiani, che coccoliamo, ai quali prestiamo attenzioni nuove e specifiche, anche perché dobbiamo far fronte alla quasi scomparsa del turista. I cinesi, da sempre pochi sulla nostra piazza, sono spariti, spariti anche i russi con i quali invece prima si lavorava moltissimo, ci sono pochissimi americani, pochi arabi e con un potere di spesa medio basso».

S.C.: «Anche noi registriamo un bilancio positivo. Sebbene il contesto sia indubbiamente complesso, dalla nostra abbiamo un gruppo, Les Ambassadeurs, che ha colto la necessità di un nuovo modo di rinnovarsi – l’introduzione di Alipay e della Certified pre-owned lounge ne sono solo un esempio. L’e-commerce poi non può esser ignorato – e il nostro canale e-commerce lo dimostra, ma è ancora la boutique fisica dove costruiamo una relazione personalizzata “one to one” con il cliente. Rilevanza e tempo ben speso sono la nuova moneta – il che, se ci pensiamo bene, nel caso specifico di Lugano può anche aiutare a neutralizzare l’impatto spesso negativo del cambio. E questa consapevolezza l’abbiamo resa parte integrante del nostro processo di vendita, mettendo clienteling e storytelling al centro delle priorità quotidiane».

M.R.: «Anche se la nostra attività va sempre bene, non posso non notare che in generale via Nassa non è più il contenitore di una volta e che di conseguenza è fortemente cambiato il passaggio. La sparizione del turismo è il primo problema, problema che si è aggravato con “la messa fuori legge” del velo, che ha abbattuto completamente la presenza di arabi facoltosi in tutta la città. Oggi queste persone si indirizzano verso altre località, come Lucerna, dove gli viene steso il tappeto rosso».

L.Z.: «La mia determinazione a rimanere in via Nassa è più una questione emotiva, che logistica, sono al primo piano e il contesto conta fino a un certo punto. Certo anch’io patisco alcune scelte che secondo me penalizzano fortemente il commercio in via Nassa, specie quelle legate alla viabilità, i cui effetti negativi riesco un po’ a mitigare grazie al fatto di ricevere i clienti soltanto su appuntamento. Certo, in generale, per i negozi e le attività come la mia, i cantieri abbandonati e fatiscenti, che ormai sono numerosi intorno a via Nassa, non invogliano la passeggiata».

A.D.R.: «Premesso che io continuo a lavorare bene con le boutique di via Nassa, sono veramente preoccupata, a volte temo addirittura che sia troppo tardi per porre rimedio. In generale, mi sembra che l’affluenza nei negozi sia fortemente calata e, quel che mi spiace di più, che l’immagine di via Nassa sia cambiata. E questo sarebbe un vero peccato, perché parliamo di una realtà che per anni è andata a gonfie vele, era il gioiello più splendente di una città che brillava tutta. Tante cose hanno influito negativamente, ma per me la crisi bancaria è quella che mano mano ha inciso di più».

Oltre all’assenza di turisti, di cui un po’ tutte ci avete fatto cenno, ci sono altri problemi specifici? E, di contro, quali sono i vantaggi di stare in via Nassa?

N.B.: «Innanzitutto sulla questione turismo io sono d’accordo solo in parte: uno dei vantaggi della via è l’affluenza di clientela internazionale, che resta molto alta rispetto ad altre zone cittadine. Ma comunque si potrebbe fare ancora meglio. Non siamo capaci a livello cantonale, luganese e specificatamente in via Nassa, di portare qui tanti turisti stranieri. Pensiamo a una città come Como, alla forza che ha nell’attirare gente e celebrità. Eppure a Lugano non manca nulla dal punto di vista culturale, naturalistico e, tanto meno, dello shopping».

S.C.: «Senza dubbio posteggi e viabilità, oltre ai costi fissi per i negozianti – non più commisurati al passaggio che una Lugano riesce a calamitare rispetto alle realtà limitrofe. Detto ciò, via Nassa ha scritto la storia di Lugano e Lugano rimane un palcoscenico naturale dall’intrinseco straordinario valore attrattivo – crocevia tra Zurigo e Milano, con tutto l’indotto del relativo nuovo turismo b-leisure, tra business e leisure».

M.R.: «Sono estremamente critica riguarda la viabilità. Nel centro di Lugano c’è un traffico terribile e continui lavori, anche contemporanei, che bloccano le strade: praticamente si fa prima ad arrivare a Como. Se a questo si aggiunge che non c’è parcheggio, il danno ai negozi è fatto! In più, ingrandire la zona pedonale è stato un errore: penalizza le attività e congestiona ulteriormente il traffico. E poi c’è il discorso dei costi a cui si accennava, che influisce negativamente anche sulla stessa affluenza alla via: Lugano è una città assurdamente cara, in cui un caffè costa 3 franchi, quindi diventa difficile capire a che tipo di acquirente si rivolga, verso quale turista voglia rendersi attraente, se da una parte sembra respingere il turismo facoltoso, ma dall’altra pone costi alti per chi vuole passare un weekend in città».

Che cosa si può fare oggi per rilanciare la via?

N.B.: Per me un discorso imprescindibile è quello delle aperture prolungate: oggi, quando un cliente decide di vedere un prodotto, lo vuole fare in fretta. Invece in pochi in via Nassa sono aperti in orari particolari. Noi crediamo molto nell’apertura del giovedì e del sabato sera e in quella del 15 agosto: l’anno scorso i nostri hotel erano pieni e i negozi tutti chiusi. Dobbiamo certo mettere dei paletti in termini d’orario, ma che siano elastici e sensati dal punto di vista commerciale. In ogni caso l’affluenza non si può migliorare in un solo negozio, per farlo bisogna coinvolgere tutta la via, il Comune, il Cantone. In via nassa poi auspichiamo grandi eventi, che oggi a Lugano non ci sono. Devono essere manifestazioni ben progettate e finalizzate a intrattenere il pubblico e a dare valore alla città e a noi operatori. Un’altra cosa fondamentale è avere dei prezzi allineati a livello europeo. Non possiamo più prescindere da questo, perché oggi il consumatore gira con lo smartphone in tasca, e in pochi secondi conosce esattamente il prezzo di un prodotto, in qualsiasi parte del mondo ed in particolar modo oltreconfine».

A.C.: «Oramai vita lavorativa e privata son un tutt’uno, non esistono più le 8 ore, esclusivi devono essere oltre che gli eventi anche i rapporti con la clientela e le emozioni che devono necessariamente accompagnare gli acquisti, l’impegno deve essere totale. In via Nassa, sicuramente bisogna incentivare il passaggio ed invogliare le persone a passeggiare in una via esclusiva, è impensabile che ci vengano solo per acquistare un orologio di grande valore. Anche io sono dell’idea che la città debba rendersi più attrattiva grazie agli eventi, eventi che devono essere mirati ai nostri potenziali clienti. Lugano si sta muovendo molto, ma per ora non vedo manifestazioni adatte a noi. Con questo scopo, bisognerebbe incentivare un maggior senso di gruppo fra i vari commercianti e pensare ad eventi condivisi da tutti. Oggi questo è ancora molto difficile, perché nel nuovo tessuto della zona, ci sono catene che sono spesso vincolate da standard molto rigidi e molti privati si fanno spaventare dai nuovi progetti. Spero che in futuro si modernizzi la politica delle associazioni dei commercianti, che oggi è invece spesso superata e inefficace».

S.C.: «C’è un proverbio cinese che rende bene la mia posizione in merito: “Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. A mio parere sono due le leve principali su cui puntare per “costruire mulini”: sinergia e innovazione. Sono pienamente d’accordo sul fatto che ci vorrebbe un approccio sistemico per accogliere l’attuale cambiamento del mercato – tra le boutique di via Nassa, ma anche guardando oltrefrontiera. A livello locale noi abbiamo per esempio appena avviato una bellissima collaborazione con un altro negozio della zona – un progetto di cross-selling che in pochissimi giorni ha già dato frutti concreti. Trattasi di un approccio diverso e pratico, sulla scia del mix & match, volto all’invogliare la persona di passaggio a entrare, a comprendere in sé un nuovo desiderio e a scegliere di realizzarlo. A livello innovativo, un look & feel più contemporaneo dei negozi gioverebbe senz’altro all’attrattività della via – l’introduzione dei video è un primo significativo passo: i fatti descrivono, le storie vendono».

M.R.: «Manifestazioni che coinvolgano la via sono sicuramente una buona carta. Bisogna però che, a differenza di quanto la città ha fatto sin ora, si organizzino in via Nassa eventi particolarmente attraenti per il pubblico femminile. La maggior parte delle manifestazioni finora si sono rivolte prevalentemente a un pubblico maschile, mentre la via, sia a livello di clientela che di gestione dei brand, ha una forte e vincente componente femminile. Perché non puntare allora su quella? Attrarre particolarmente le signore con eventi mirati? In questi anni poi, c’è stato un vorticoso abbassamento del livello qualitativo degli eventi in centro a Lugano e questo non fa altro che penalizzare il tipo di economia su cui si sostiene la via Nassa. E comunque, prima ancora di pensare alla via, va aumentato il numero di persone che viene a Lugano. Oggi la città è poco attrattiva, per questo al momento non sono incline a puntare sulle aperture straordinarie: c’è in giro poca gente il sabato, non credo si creerebbe più passaggio la domenica.  Ci vuole un lungolago più attrattivo, con zattere, con eventi pensati anche al divertimento, che attirino persone da fuori, manifestazioni pensate apposta per portane gente di un certo livello economico».

L.Z.: «Sono pienamente d’accordo sull’importanza di “sfruttare” al massimo la componente tipicamente femminile del management di via Nassa. Come si fa a livello individuale, sarebbe interessante organizzare eventi diversi e più ludici, come aperitivi o serate a tema, che animino la via e non siano magari finalizzati alla vendita nell’immediato. Riportare un certo tipo di persone a passeggiare in via Nassa. Una via che però deve anche farsi più bella, non soltanto eliminando le brutture a cui ho già accennato e che ultimamente la soffocano, ma anche pensando interventi decorativi mirati e magari temporanei e ciclici. Mi riferisco a un abbellimento che, come dicevate, possa attrarre particolarmente il pubblico femminile. Perché non si chiama per esempio un artista della botanica, per ingentilire la strada e attrarre le signore più sofisticate?».

A.D.R.: «Io ho così tanta paura che sia tardi per fare marcia indietro… temo che un futuro splendente come il passato non sia possibile. Di certo comunque si possono fare tante cose e, ci tengo a dire, tante la città ne sta già facendo.
Innanzitutto sono pienamente d’accordo sulla necessità di dare più spazio all’intuito femminile, visto che per ora a Lugano giudizi e idee maschili si impongono ancora nettamente. Inoltre bisogna fare più cose eventi di respiro internazionale, invece oggi Lugano è chiusa da questo punto di vista, molto più di un tempo. Fino a cinque anni fa, c’era un grande entusiasmo, una perpetua fibrillazione che oggi non vedo più. Inoltre mi sembra di notare che le iniziative di valore vengano tutte prevalentemente dai negozi di proprietà. È come se le grandi catene avessero paura a sperimentare nuovi modi, nuovi canali, eppure oggi non si può assolutamente prescindere dalla consapevolezza che l’acquisto è cambiato, il cliente è cambiato. Anche nella raffinata via Nassa.